Foto Gino Sorbillo

 

 

26/11/2018 | 08:35

Imprenditore, pizzaiolo, padre. Genio compreso, innovatore e tanto altro ancora. Gino Sorbillo è un turbinio di sensazioni, passioni e sapori. Come le sue pizze, autentico baluardo della Napoletanità in un mondo preda della massificazione, dove tutto deve cambiare perché tutto resti come prima. Non ha mai smesso di credere nel suo mestiere, Gino Sorbillo e l’ha fatto portando avanti un lavoro-missione con l’entusiasmo di un ragazzino e la leggiadria di un sognatore.

“Credo fermamente che le mie attività, partendo dal centro storico di Napoli, abbiano concorso a cambiare il mondo della pizza e i giudizi sulla città. Negli ultimi anni c’è stato un riscatto professionale della figura del pizzaiolo: fino ad una generazione fa i ragazzi della mia età avevano quasi vergogna di continuare le attività familiari”. Gli stessi ragazzi figli della Napoli verace strappati dalla perdizione dei vicoli e scampati a un futuro tenebroso grazie al fiuto di Sorbillo, sempre pronto a scovare nuovi talenti da lanciare nelle sue pizzerie.

“Mi arrivano di continuo richieste da parte di persone che vorrebbero lavorare nei miei locali. I giovani del Sud, sebbene molto in gamba, il più delle volte sono costretti a fuggire all’estero”. Una realtà preoccupante denunciata ai microfoni di Irpinianews.it, in una recente intervista fiume (clicca qui per la versione integrale) densa di particolari inediti. “In Campania ci siamo finalmente messi alle spalle un periodo buio, in cui una certa stampa che definisco “deviata” aveva l’abitudine di demonizzare i prodotti locali in nome dell’emergenza rifiuti. Con questo approccio negativo non si faceva altro che il gioco delle multinazionali e delle aziende del Nord Italia che hanno bassamente sfruttato l’opportunità per farsi pubblicità facendo leva sulla paura dei consumatori a scegliere i prodotti campani”.

Da Gino è partita anche una rivoluzione social-politica grazie agli ingredienti comprati dalla "cooperativa Don Peppe Diana" (prete anti-boss ucciso per mano dei killer della camorra casalese il 19 Marzo 1994 a Casal Di Principe); alla "Pizza Amnesty International", con l’intero incasso devoluto alla nota organizzazione umanitaria; alle lezioni di pizza ai detenuti nel carcere di Pozzuoli ed alla partecipazione come testimonial, in un bene confiscato alla camorra, al progetto “Spaccio di pomodori a Scampia”. Un approccio innovativo che ha scompaginato il passato sublimando il futuro. Nel segno della passione. Quella che nessun cambiamento sociale, storico e culturale mai potrà annientare.

 

di Maurizio de Ruggiero

 

 

 

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