05/04/2019 |15:56

Stessa città, medesima categoria. Stessa spiaggia, stesso mare. Da un lato San Tommaso, popoloso rione humus della working class cittadina; dall’altro Avellino, città capoluogo dell’Irpinia (almeno sulla carta). Due realtà geograficamente contigue, certo. Ma dalla storia calcistica discrepante. Almeno fino a ieri. Tanto è vero che se qualcuno vi avesse detto che un giorno Avellino e ACD San Tommaso avrebbero disputato la Serie D nello stesso arco temporale, non ci avreste creduto nemmeno da ubriachi.

Eppure i Grifoni hanno appena vinto in scioltezza il campionato di eccellenza e i Lupi, a seguito delle traversie patite dall’Uesse di Taccone sono stati costretti a ripartire dalla quarta serie (dove giocano tutt’ora). E così, due compagini che soli dodici mesi fa erano divise da ben quattro categorie (la B e la promozione), il prossimo anno, salvo ribaltoni o ripescaggi, potrebbero giocare nella stessa divisione. Una situazione impensabile. Un sogno o un incubo che ben presto potrebbe diventare realtà.

SCENARI - Il San Tommaso sta già gettando le basi per programmare la prossima stagione. A partire dallo Stadio (il Roca presenta limiti evidenti) passando per gli assetti societari (D’Agostino e Matarazzo sarebbero interessati ad acquisire una cospicua fetta di quote). La Ssd Avellino, invece, a dispetto di un filotto di sette vittorie nelle ultime otto gare, salvo miracoli difficilmente riuscirà a scalzare il Lanusei primo della classe (forte dei punti di vantaggio sulle seconde e baciato dalla dea bendata).

I ragazzi di Bucaro ce la stanno mettendo tutta, ma il ritardo in classifica, considerate le partite da disputare e l'andamento monstre dei sardi, appare difficilmente colmabile. Come se non bastasse, chi conosce il campionato di Serie D, sa bene che l’eventuale vittoria dei play off (a differenza di quel che accade in B e in C) non garantisce il salto di categoria, ma solo un posto privilegiato nella graduatoria dei ripescaggi.

MISERIA E NOBILTA’ - Ecco perché, l’eventuale incrocio il prossimo anno tra le due compagini storicamente agli antipodi (a meno che un santo in paradiso non spiani la strada alla SSD), rappresenta più di un’eventualità. A questo punto qualcuno potrebbe domandarsi come sia possibile che un quartiere di poche migliaia di abitanti, privo di negozi importanti o grossi giri d’affari; sprovvisto di uno stadio a norma; sguarnito di sponsor di rilievo; senza pubblico; con risorse economiche limitatissime possa disputare la stessa categoria di una realtà calcistica storica, espressione di una provincia di 400.000 abitanti, con una proprietà ambiziosa (aveva scalzato la cordata Preziosi-Marinelli) che aveva messo sul banco ventotto assegni circolari da quasi quattro milioni di euro.

Un po’ come se lo storico Rione Sanità si ritrovasse all’improvviso a giocare nella stessa categoria del Napoli di Maradona. Una prospettiva a dir poco utopistica anche per il più allucinato dei visionari. Eppure San Tommaso e Avellino rappresentano la stessa città e prossimamente potrebbero giocare nella stessa categoria. E’ proprio il caso di dirlo: l’inizio “ro scuorno”… sta tutto qua.

 

di Maurizio de Ruggiero

  

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