di Maurizio de Ruggiero

 

28/07/2019 15:36 

Due giorni fa, considerato il perdurante silenzio di De Cesare, abbiamo fatto un salto a Napoli, presso la sede partenopea della Sidigas (in Vico Santa Maria a Cappella Vecchia, 3). Dopo una breve attesa siamo riusciti a stanare un esponente apicale dell'azienda. L'esponente apicale ha risposto a quasi tutte le domande ma, considerata l’inchiesta della Procura, ci ha chiesto di restare anonimo.

 

L’ingaggio di Di Somma prelude la costruzione di una squadra per affrontare il campionato di C. Come si farebbe a vendere una società con un ds operante? Il nome dell’ex capitano biancoverde potrebbe non essere di gradimento di un eventuale compratore, non trova?

«Di Somma lo abbiamo assunto il 25 luglio, non prima. Abbiamo cercato di cedere la società libera da ogni dipendente per favorire l’ingresso di un altro acquirente, ecco perché non avevamo assunto nessuno. Poi ci siamo resi conto che quest’attesa poteva pregiudicare l’esistenza dell’Avellino e siamo intervenuti. La società possiamo cederla anche a campionato iniziato, dipende anche da come si risolverà la nostra vicenda. Il calcio e il basket non sono mai stati considerati proprietà privata, il gruppo Sidigas è custode del monumento calcio e basket»

Ma voi vi sentite ancora custodi del bene? Perché avete appena assunto una maestranza che dovrebbe manutenere il monumento…

«I custodi siamo noi per il momento. Ci consideriamo ancora custodi di quel monumento»

La vostra volontà è di proseguire l’avventura nel calcio?

«Quello che noi vogliamo è irrilevante, ci consideriamo custodi di un bene non nostro, ma della città. E’ il medico (la Procura, ndr) che ci ha detto che non possiamo manutenere questo monumento come vorremmo, non possiamo fare le cose che facevamo prima, la situazione è questa»

Il gruppo Sidigas preferirebbe passare la patata bollente ad un altro “custode”? La società la volete ancora cedere o no?

«Quando ci è stata notificata l’istanza il nostro primo pensiero è stato di mettere in sicurezza queste società perché sono di tutti, non nostre. Se può subentrare qualcuno che può fare le cose come noi o meglio di noi ben venga, viene prima l’interesse generale»

Però De Cesare ha rifiutato l’offerta di d’Agostino ritenendola incongrua. E’ vero che vi ha offerto 500.000 euro?

«Non possiamo parlare di cifre. Ci siamo resi conto che non c’era nessuno disposto a rilevare la società, non si sono verificate determinate circostanze, solo a quel punto ci eravamo dati una dead line al 25 luglio»

Tifoseria e giornalisti non hanno ancora capito se volete vendere la società, a che condizioni e a quale prezzo...

«La soluzione migliore in questo frangente è che se esiste qualcuno che può gestire la società meglio di noi ben venga»

Il gruppo che deve subentrare cosa deve fare per far sì che accettiate la proposta?

«Semplicemente proporsi come acquirente»

 Ma lo hanno fatto in tanti, è facile. Ma le modalità quali sono?

«Lo hanno fatto tanti è vero»

E perché non sono riusciti nell’intento?

«Perché nessuna proposta è stata concreta fino ad ora. Per comprarla bisogna essere in due. Bisogna essere concreti per acquistarla. Nessuna manifestazione si è concretizzata, tutte le offerte erano solo manifestazioni di interesse. La stragrande maggioranza degli acquirenti erano professionisti che rappresentavano una cordata di imprenditori. La nostra risposta standard è che devono farci sapere chi sono e dare una concreta dimostrazione di solvibilità. Si sono fatte avanti le persone più disparate; alcune serie, altre meno serie. C’è chi si è spacciato essere una rappresentante della famiglia dell’emiro del Qatar salvo scoprire che non sapeva nemmeno il nome dell’emiro. Alcuni hanno proposto un aumento di capitale, ma come ben sa l’aumento di capitale non equivale al prezzo che si intende pagare. Noi, come diceva una mia amica, non siamo nelle condizioni di darla gratis perché siamo sotto concordato e non si può cedere un asset importante dell’attivo così su due piedi. La cessione dell’Avellino deve tener conto anche dei creditori. L’aumento di capitale si può fare ma la società va prima acquistata»

Per voi un’offerta congrua a quanto ammonta? Dieci milioni. Un milione. Cinque milioni…

«Non vogliamo parlare direttamente di soldi»

Se fissaste un prezzo un eventuale compratore potrebbe venir fuori e inoltrare una proposta aderente alle vostre richiesta, non trova?

«Nessuno ha parlato del prezzo che vorrebbe sborsare per rilevare la società, in linea di principio non potremmo mai cederla a un valore inferiore dei costi che sono stati sostenuti fin qui. E’ il mercato che fa i prezzi»

Un milione e mezzo?

«Non le confermo la cifra. Bisogna anche tener conto della vittoria dello scudetto e del bacino di utenza. Fin qui nessuno, tranne D’Agostino, ha parlato di un prezzo che sarebbe disposto a pagare»

Se i fatti stanno così significa che state anteponendo il profitto della vendita al benessere dell’Avellino. I tempi sono stretti e mentre il medico studia, il malato richia di rimetterci le penne. I tifosi avrebbero preferito un passo indietro da parte vostra e l’accettazione di una offerta anche inferiore alle vostre pretese.

«Appena abbiamo palesato la volontà di vendere siamo stati investiti da un sequestro da 97 milioni di euro, lo ricorda?»

Ma i prodromi c’erano già, di certo non potete dire che tutto è nato a seguito della volontà di vendere. I problemi con l’Eni sono storia antica e il pignoramento dell’immobile di Via Cappella Vecchia non risale a giugno…

«Se davvero fossimo stati attaccati alla poltrona di sicuro non ci saremmo beccati questo sequestro. Dopo quello che è successo, se decidessimo di venderla al di sotto certi parametri andremmo incontro ad un illecito penale, il tribunale mai approverebbe una azione in danno dei creditori. La Sua considerazione è smentita sonoramente dai fatti»

Però avete appena detto di non poter vendere ad un prezzo inferiore rispetto a quello che avete speso lo scorso anno. Cosa c’entra il tribunale?

«Noi non possiamo vendere al si sotto del prezzo che viene ritenuto congruo»

Da voi gruppo Sidigas o dai commissari?

«Da noi sicuramente o anche dai commissari, il prezzo deve essere congruo»

E se mentre tirate sul prezzo l’Avellino muore?

«Non morirà»

Ma cosa c’entrano i commissari con le risorse che avete investito lo scorso anno?

«Siamo stretti tra due morse. Quello di tutelare il bene o svenderlo ed andare in danno dei creditori. Si deve creare un giusto equilibrio per evitare una cosa del genere. La dead line era il 25 luglio, non siamo riusciti a venderla entro tale data e adesso andiamo avanti con le forze che abbiamo a disposizione»

Proseguirete con l’allestimento della squadra tentando di vendere durante il campionato o aspetterete che si dipani la matassa giudiziaria?

«Continueremo ad esplorare la volontà di venderla a meno che non dovesse esserci un cambio di situazione dove ci consentiranno di proseguire come prima»

Confidate anche in uno sponsor?

«Ovvio. Confidiamo in sponsor e biglietteria»

 Ma perché avete mandato in trincea Mauriello e non avete fatto una conferenza stampa congiunta con De Cesare capofila? I tifosi avevano e hanno tutt’ora bisogno di rassicurazioni…

«De Cesare è sottoposto ad indagini e rilasciare dichiarazioni pubbliche in contrasto con le indagini sarebbe quantomeno inopportuno. De Cesare ci ha messo la faccia soprattutto quando le cose andavano male»

Che senso ha avuto festeggiare in barca come se nulla potesse accadere? Si è passati dalle stelle alle stalle nel giro di pochi giorni…

«Noi siamo in regola con i pagamenti dei calciatori e quant’altro. La procura ha avuto i suoi motivi che rispettiamo tutti. L’Istanza di fallimento è partita dalla procura non dall’Eni. Noi pagavamo tutti, eravamo e siamo correnti»

E allora come mai gli avellinesi hanno problemi di ogni tipo con Sidigas...

«Non c’è nessun problema, lavoriamo sul territorio da oltre 40 anni, siamo correnti con i pagamenti. Quando una azienda gestisce determinati volumi, è normale che ci siano dei contenziosi. Addirittura c’è una azienda che sta cercando di transigere subito la questione perché si è resa conto di aver torto»

Quando Ciampi ha dato la squadra al vostro gruppo gli avellinesi erano convinti che l’azienda fosse inattaccabile…

«Nella vita di una azienda ci possono essere varie circostanze che possono evolvere in una determinata maniera, anche Fiat ha avuto le sue gatte da pelare. Nemmeno noi potevamo presagire ciò che poi è successo. E’ stato un fulmine a ciel sereno»

Come mai De Cesare non è più amministratore delegato ma soltanto il vicepresidente?

«E’ una questione di opportunità. Calcio e basket sono beni pubblici, se l’amministratore di una quotata in borsa è sub iudice e continua ad operare viene mal visto. Si corre il rischio di coinvolgere la società che rappresenta. E se la società come nel caso dell’Avellino è considerata pubblica è ancor più grave»

Ma la Sidigas è la controllante, calcio e basket le controllate. A prescindere dal ruolo di De Cesare c’è un fil rouge che lega indissolubilmente gli asset... 

«Il peso della responsabilità lo sentiamo tutto. Sidigas è un pezzo di storia della stessa irpinia. C’è una vita di lavoro e sacrifici. Speriamo che i nodi vengano al pettine e che la situazione possa risolversi quanto prima»

Ma i tempi calcistici non collimano con quelli giuridici. A furia di aspettare si rischia di paralizzare l’attività dell’Avellino…

«Non è neanche corretto quello che sta dicendo. La questione dei tempi è secondaria, bisogna pensare alla sostanza. Nel momento in cui tutto dovesse risolversi anche la questione calcio si sbloccherà»

Ma Di Somma che mandato ha adesso? Di fare una squadra come se nulla fosse accaduto?

«Assolutamente sì ma nell’ambito delle risorse che possono essere messe in campo che purtroppo non sono quelle dello scorso anno. Anche se potremmo trovarci da un momento all’altro di fronte a qualcuno he si faccia avanti a rilevare la società»

Ma se voi pretendete il ristoro di tutte le somme investite lo scorso anno non favorite il processo di vendita ma lo ostacolate o rallentate, l’impressione è che De Cesare non voglia rimetterci un centesimo e con l’eventuale cessione coprire tutti gli esborsi sostenuti, la Procura in questo c’entra ben poco...

«Ma certamente, anche se non sarebbe procedibile una strada diversa, lo impone il codice civile»

In realtà il codice civile “impone” che De Cesare, una volta accettata l’offerta migliore, riceva l’autorizzazione del Tribunale per la vendita (in quanto atto di straordinaria amministrazione). ll Tribunale sarebbe poi costretto a procedere alla pubblicazione di una procedura competitiva, per accertare se l’offerta vagliata sia realmente la migliore. Il codice civile non impone di coprire i costi sostenuti lo scorso anno…

 

  di Maurizio de Ruggiero

 

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