15/11/2018 | 13:50

Doveva essere la Juventus della D: blasone ultracentenario, budget illimitato e potenza schiacciante sulle avversarie. Si è invece rivelato un gigante dai piedi d’argilla, pregno di estemporaneità e promesse disattese. E’ la triste storia della SSD Avellino, protagonista di un campionato sconfortante e ben al di sotto delle aspettative. Un campionato marchiato da sconfitte sanguinose (su campetti da oratorio) e sparute, illusorie fiammate. Strano ma vero. Perché la città aveva piena fiducia in De Cesare (e compagnia cantante) e le garanzie presentate al sindaco Ciampi (sempre lui) lasciavano presagire scenari ben diversi da quelli attuali. A questo punto è evidente che qualcuno, in proporzione al proprio peso specifico, meriti un sonoro, quanto virtuale calcio nel sedere. Proviamo a stilare una graduatoria in ordine sparso. Un calcio nel sedere a...

 

1. Musa: scordatevi il Romano de Roma tutto caciara e coda alla vaccinara. Il giovane Carletto ha la vitalità di un necroforo in grande uniforme ed appare sempre più avulso dal contesto avellinese. Le dichiarazioni post partita (“Io non la vedo male come la vedete voi”) sono da sagra del fusillo e del pezzente. Qualcuno gli spieghi che Il Lupo non è la Lupa (Roma) e che l’Avellino in serie D, ripescaggio a parte, dovrebbe essere solo di passaggio. Ha avuto poco tempo per operare e un budget esiguo in portafoglio ma ha sbagliato tutti gli under (eccezion fatta per Tribuzzi e Parisi) pescando, al contempo over inadatti alla causa (tranne l’ottimo De Vena e capitan Morero). Doveva dimettersi prima che cominciasse il campionato, quando Mister Archimede lo ha di fatto delegittimato scartando buona parte dei calciatori opzionat: #PorcaTroGlia!

2. Mauriello: stenderemmo volentieri un velo im-pietoso, ma il presidente è un gigante (buono) e per coprirlo interamente ci vorrebbe il telo del circo Togni e a noi il circo non piace. “Non ha sborsato un solo Euro per la campagna acquisti, non ha un passato da giocatore e non detiene alcuna quota del pacchetto societario”, ma ha anche dei difetti. Soprattutto aver accettato un ruolo che non gli competeva avallando, di fatto, le scelte della società. Ma anche se non le avesse avallate, non sarebbe cambiato nulla. Considerata l’inesperienza di Musa e le paturnie di Graziani sarebbe stato preferibile optare per un presidente autorevole, navigato e con un bagaglio esperienziale di sicuro affidamento nel mondo del calcio. Eppure qualcuno ha scelto Mauriello e nessuno capirà mai il perché. O forse sì…

3.Taccone: il biologo di Borgo Ferrovia (stesso quartiere di Barisano), pur di tornare a bordo, accetterebbe un miliardo di calci nel sedere ed anche qualcosa in più. Ma la sua stella si è eclissata ed è bene che se ne faccia una ragione. Nonostante l’iscrizione dell’Under 15 (smentita e poi confermata dai cronisti).

4. Gianadrea: De Cesare prese la penna, spezzò i 28 assegni, li diede al sindaco Ciampi e disse… E disse… Boh non lo sa nessuno cosa disse, ma tutti sanno che non bisogna parlarne per nessun motivo. E chissenefrega se tutti i dipendenti della vecchia società (tranne il team manager) sono stati licenziati, la squadra senza De Vena e Morero perderebbe anche con il San Tommaso e compagnia strombazzante. Gianandrea è il successore di Taccone e chiunque venga dopo Taccone è momentaneamente intoccabile. E non c’è nulla che cambierà questo stato di cose.

E’ vero, vi abbiamo fatto la uallera con la storia dei 4 milioni, lo ammettiamo, ma ci chiediamo che senso ha avuto promettere di investire sfaceli, per poi prendere un tecnico che ha vinto un solo torneo in carriera e un ds alle prime armi. Chiedetelo al “Giana”, se ci riuscite. Egli, se solo volesse, potrebbe allestire una squadra spaziale in grado di vincere tutte le partite con due goal di scarto. E siamo certi che lo farà anche se la vita è il risultato delle tue azioni, non delle tue (buone) intenzioni.

5. Archimede: la rosa, nella maggior parte dei suoi interpreti è scadente e appassita. Al punto da non poter operare alcuna sostituzione risolutiva, considerata la panchina di mezza tacca. Poteva congedarsi, mettere sotto scacco la società o fare la voce grossa. Ma Avellino è un treno che passa una sola volta. Allora meglio scaricare le colpe sui giovani che aveva promesso di tutelare contro tutto e tutti e appellarsi alle assenze e alle congiunzioni astrali (lo ha fatto davvero). Mister Graziani sembra “l’asino in mezzo ai suoni” e la squadra pare non seguirlo più. Ammesso che lo abbia mai fatto.

 

La Rubrica “Un calcio nel sedere a…” termina qui. Con l’auspicio di essere smentita da fatti e risultati.

 

di Maurizio de Ruggiero 

 

Leggi anche: De Cesare, Mauriello e il mistero dei quattro milioni. Quanti intrecci in casa Ssd Avellino... 

 

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